Una riflessione di Pasquale Pugliese (Segretario Movimento Nonviolento)
“Un’altra difesa è possibile”, se ci crediamo
Il 2 ottobre – Giornata internazionale della nonviolenza e compleanno di Gandhi – è partita ufficialmente la Campagna “Un’altra difesa è possibile” per l’istituzione e le modalità di finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.
È una proposta di legge di iniziativa popolare – uno dei due strumenti di democrazia diretta previsti dal nostro ordinamento (l’altro è il referendum) – che rappresenta un salto di qualità per il movimento per la pace. Fino a non molto tempo fa, di fronte alle diverse esplosioni belliche, “i pacifisti” si limitavano a fare appelli o mobilitazioni estemporanee che servivano forse più a sentirsi a posto con la coscienza, a dare sfogo alla giusta indignazione, che a fermare realmente le guerre. Neanche l’enorme mobilitazione internazionale di piazza del 2003, contro la seconda guerra nel Golfo, è riuscita a bloccare o a rimandare la partenza di un solo bombardiere. Oggi – insieme alla “Campagna Taglia le ali alle armi” contro gli F35 che incalza i governi con dati incontrovertibili obbligando i parlamenti a pronunciarsi sui tagli – il movimento per la pace italiano ha avviato un nuovo percorso condiviso, con lo scopo di mettere al centro della propria azione gli unici strumenti davvero efficaci per una lungimirante politica di pace: il disarmo e la costruzione delle alternative alla guerra. Agendo contemporaneamente sul piano organizzativo, politico e culturale.
Sul piano organizzativo si è costituita una nuova alleanza tra il mondo del disarmo, della nonviolenza, del servizio civile nazionale: sei Reti – Rete Italiana Disarmo, Rete della Pace, Tavolo Interventi Civili di Pace, Sbilanciamoci!, Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile, Forum Servizio Civile – che raggruppano al loro interno gran parte del mondo associativo, sindacale, solidaristico della società civile italiana. È il segno, in particolare, del nuovo incontro, dopo l’epoca dell’obiezione di coscienza, tra l’impegno per la pace e quello per il servizio civile. Se il primo ha avuto come obiettivo, per un periodo importante della nostra Storia, proprio la conquista del diritto al servizio civile, entrambi hanno oggi l’obiettivo di fare un passo avanti per la conquista del diritto alla difesa civile.
Sul piano politico la legge di iniziativa popolare afferma un principio, ribadendolo: nella Costituzione italiana non è prevista una sola forma di difesa, quella armata, ma i Costituenti, la Corte Costituzionale e una legge dello Stato (la L. 64/2001 istitutiva del Servizio Civile Nazionale) ne sanciscono almeno altre due: a) la difesa dei diritti fondamentali costitutivi della vera “sicurezza”, a partire dal diritto al lavoro (non è possibile che l’Italia abbia 10 milioni di poveri, una delle percentuali più alte d’Europa, sia tra gli ultimi Paesi come spesa per il welfare, mentre è tra le prime 10 al mondo per spesa pubblica militare); b) la difesa della pace, attraverso la capacità di intervento nei conflitti con strumenti differenti dalla guerra, mezzo costituzionalmente ripudiato. Eppure dal 1948 ad oggi è la Costituzione ad essere stata davvero ripudiata, con la progressiva negazione di queste altre difese, anziché della guerra che ha visto invece il costante lievitare delle spese militari. Oggi la Campagna “Un’altra difesa è possibile” vuole rendere effettivo questo principio fornendo direttamente ai cittadini la possibilità di finanziare lo strumento che può renderlo operativo: il Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta.
Sul piano culturale, la Campagna è in continuità con l’evento simbolicamente straordinario avvenuto lo scorso 25 aprile all’Arena di Verona – l’Arena di pace e disarmo – da cui è stata lanciata, insieme al messaggio di convocazione: “oggi la Liberazione si chiama disarmo e la Resistenza si chiama nonviolenza”. Ciò ha significato voler raccogliere l’eredità dei padri Costituenti che, proprio perché avevano vissuto in prima persona la tragedia della guerra, ne avevano posto la rinuncia con sdegno – il ripudio, appunto – unilaterale e definitivo come mezzo e come strumento, a fondamento del Patto repubblicano. Chiedendo, in questo modo, alle generazioni successive di trovare altri mezzi ed altri strumenti per affrontare e gestire le “controversie” internazionali. Per dare finalmente sostanza al “ripudio” della guerra, attraverso il depotenziamento dei mezzi che la rendono possibile – le armi – e il potenziamento degli strumenti alternativi di intervento nei conflitti, i mezzi nonviolenti.
La Campagna “Un’altra difesa è possibile” inoltre è l’occasione per riflettere collettivamente sul senso della difesa, oggi: da quali minacce la sicurezza del nostro Paese dev’essere difesa? Dalla precarietà, dall’ignoranza, dalle mafie, dal dissesto idrogeologico, dai terremoti…o da pericoli di aggressione bellica internazionale? Per difenderci da queste minacce, reali e costanti, siamo sicuri che le armi più efficaci siano quelle che sparano e uccidono, prodotte e commercializzate dalle industrie belliche nazionali e multinazionali, alle quali il bilancio dello Stato versa ingenti somme sottratte alle altre difese?
La legge, composta da quattro articoli, prevede la costituzione del Dipartimento per la difesa civile, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, al quale afferiscono i Corpi civili di pace (di cui una prima sperimentazione è inserita nella legge di stabilità del 2013) e l’Istituto di ricerca sulla pace e il disarmo (da istituirsi con apposita legge successiva). Il Dipartimento ha tra i propri compiti più importanti la predisposizione di piani per la difesa civile, non armata e nonviolenta, la loro sperimentazione e attuazione; lo svolgimento di attività di ricerca per la pace e il disarmo per la graduale sostituzione della difesa armata con quella civile nonviolenta; il favorire la prevenzione dei conflitti armati, la mediazione, la riconciliazione, la promozione dei diritti umani, la solidarietà internazionale, l’educazione alla pace. Questi sono, di fatto, la declinazione del primo compito indicato dall’articolo 4: “difendere la Costituzione, affermando i diritti civili e sociali in essa enunciati, la Repubblica e l’indipendenza e libertà delle istituzioni democratiche del Paese”. La realizzazione di questi compiti, specifica l’art. 1, avviene in stretta collaborazione con il Dipartimento per la protezione civile, il Dipartimento dei vigili del fuoco, il Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale.
Le attività del Dipartimento saranno inizialmente finanziate attraverso un apposito “Fondo nazionale per la difesa civile, non armata e nonviolenta” (art.2) di 100 milioni annui (dei quali solo il 10% utilizzabile per le spese interne di funzionamento), recuperati dalla riduzione delle spese per i sistemi d’arma del Ministero della Difesa (per esempio i caccia F35), ai quali si aggiungeranno man mano le quote derivanti dai cittadini contribuenti, che vorranno versare il 6 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche: una vera e propria “opzione fiscale” a beneficio della difesa civile (art.3). Il budget recuperato direttamente dai cittadini verrà integrato da corrispondenti risparmi nella spesa pubblica sul capitolo “Difesa e sicurezza del territorio”, ossia con la dismissione delle caserme (art.4).
La Campagna è, dunque, una grande prova organizzativa, politica e culturale del movimento per la pace. A 100 anni dalla “grande guerra”, che ha segnato il passaggio moderno e definitivo alla guerra tecnologica, è giunto ormai il tempo di passare dalla retorica della pace, che prepara sempre nuove guerre, alla politica per la pace che ne prepara e costruisce la difesa. Che essendo “civile, non armata e nonviolenta” ha bisogno della partecipazione di tutti, a cominciare dall’impegno di ciascuno nella raccolta delle firme necessarie.