I veneti che hanno firmato la proposta di legge di “Un’altra difesa è possibile” sono stati 10.472 (di cui 1.113 padovani): un quinto dei consensi complessivi raccolti viene dunque dalla nostra regione. In un’attualità nazionale che vede alla ribalta episodi di violenza e aggressività minacciosi, il nostro sembra un bel segnale. «Di interventi di pacificazione abbiamo bisogno anche in Italia, ma ora la nostra priorità è dimostrare che sono efficaci – commenta il coordinatore della campagna Mao Valpiana – In questi giorni di emergenza in diverse località del paese, vediamo anche belle azioni personali, con tanta gente pronta ad aiutare chi è in difficoltà. Ma se avessimo gruppi formati ad agire in questi contesti, si potrebbe fare molto di più che depotenziare il rischio di esplosioni».
A questo servirebbero quei corpi civili di pace che la proposta di legge dei pacifisti chiede vengano istituiti stabilmente, addestrati, pronti a cercare di ristabilire l’equilibrio sociale col loro intervento. Un’idea che fu di Gandhi e della nonviolenza indu, realizzata concretamente da discepoli del Mahatma, anche nella nonviolenza islamica (come Abdul Ghaffar Khan con i suoi 10 mila “servitori di Dio”): perché la nonviolenza è di tutte le confessioni.
A questo servirebbero quei corpi civili di pace che la proposta di legge dei pacifisti chiede vengano istituiti stabilmente, addestrati, pronti a cercare di ristabilire l’equilibrio sociale col loro intervento. Un’idea che fu di Gandhi e della nonviolenza indu, realizzata concretamente da discepoli del Mahatma, anche nella nonviolenza islamica (come Abdul Ghaffar Khan con i suoi 10 mila “servitori di Dio”): perché la nonviolenza è di tutte le confessioni.
E in Italia?
«Il primo a proporre un corpo civile di pace fu Alex Langer, nel 1995, in pieno conflitto dei Balcani: chiese di istituirlo al parlamento europeo, perché riteneva che l’Europa dovesse intervenire in quella guerra con tale modalità. La proposta passò ma sono dovuti trascorrere vent’anni perché si giungesse a una fase sperimentale. È stato infatti firmato due settimana fa, in parlamento, un decreto attuativo grazie al quale sono stati messi a disposizione 9 milioni di euro, per una sperimentazione su tre anni (2015-2017) di contingenti di 500 giovani l’anno, per progetti specifici di pace in luoghi a rischio di conflitto. Una cosa piccola, ma per la prima volta il governo finanzierà i progetti presentati dagli enti preposti, concordati con il ministero degli affari esteri, con il quale stiamo anche trattando per definire l’elenco dei paesi di destinazione, valutando le situazioni di reale pericolo. In questa fase l’idea è di far intervenire i giovani nella prevenzione del conflitto o, successivamente al conflitto armato, per la ricostruzione di condizioni di pace».
«Il primo a proporre un corpo civile di pace fu Alex Langer, nel 1995, in pieno conflitto dei Balcani: chiese di istituirlo al parlamento europeo, perché riteneva che l’Europa dovesse intervenire in quella guerra con tale modalità. La proposta passò ma sono dovuti trascorrere vent’anni perché si giungesse a una fase sperimentale. È stato infatti firmato due settimana fa, in parlamento, un decreto attuativo grazie al quale sono stati messi a disposizione 9 milioni di euro, per una sperimentazione su tre anni (2015-2017) di contingenti di 500 giovani l’anno, per progetti specifici di pace in luoghi a rischio di conflitto. Una cosa piccola, ma per la prima volta il governo finanzierà i progetti presentati dagli enti preposti, concordati con il ministero degli affari esteri, con il quale stiamo anche trattando per definire l’elenco dei paesi di destinazione, valutando le situazioni di reale pericolo. In questa fase l’idea è di far intervenire i giovani nella prevenzione del conflitto o, successivamente al conflitto armato, per la ricostruzione di condizioni di pace».
In un futuro, si possono immaginare solo corpi civili di difesa non armati?
«Era una convinzione anche del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy quando, nel 1961, ancora senatore, lanciò l’idea dei peace corps. Noi ne siamo convinti. E alla fine costerebbe molto meno, apporterebbe un vantaggio anche economico alla comunità. Se calcoliamo quanto ci è costato l’intervento armato dall’attentato alla torri gemelle di New York nel 2001 ad oggi, in termini economici e di vita umane (soldati e civili), vediamo che i risultati sono disastrosi. Non solo: oggi il terrorismo è più potente e si è diffuso. L’intervento solo militare ha fomentato l’odio e regalato culturalmente intere generazioni al terrorismo. Il nostro desiderio di agire diversamente non è spinto solo da buoni sentimenti, da volontà utopica, ma cerca di fare i conti con l’efficacia dell’intervento. Oggi il terrorismo, e i fatti lo dimostrano, lo si combatte soprattutto culturalmente e organizzando la risposta della gente: che vuole atteggiamenti pacifici, come hanno dimostrato le manifestazioni spontanee di piazza dopo l’attentato terroristico di Parigi dello scorso gennaio».
«Era una convinzione anche del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy quando, nel 1961, ancora senatore, lanciò l’idea dei peace corps. Noi ne siamo convinti. E alla fine costerebbe molto meno, apporterebbe un vantaggio anche economico alla comunità. Se calcoliamo quanto ci è costato l’intervento armato dall’attentato alla torri gemelle di New York nel 2001 ad oggi, in termini economici e di vita umane (soldati e civili), vediamo che i risultati sono disastrosi. Non solo: oggi il terrorismo è più potente e si è diffuso. L’intervento solo militare ha fomentato l’odio e regalato culturalmente intere generazioni al terrorismo. Il nostro desiderio di agire diversamente non è spinto solo da buoni sentimenti, da volontà utopica, ma cerca di fare i conti con l’efficacia dell’intervento. Oggi il terrorismo, e i fatti lo dimostrano, lo si combatte soprattutto culturalmente e organizzando la risposta della gente: che vuole atteggiamenti pacifici, come hanno dimostrato le manifestazioni spontanee di piazza dopo l’attentato terroristico di Parigi dello scorso gennaio».
Ora come proseguirà il vostro impegno?
«Il confronto deve avvenire sul piano politico, cercando di ottenere con i parlamentari e i partiti una discussione seria sull’idea e sui concetti di difesa e di sicurezza, su quali siano gli strumenti efficaci e da mettere in campo. Non sono nulla 9 milioni di euro di fronte ai 25 miliardi (F35 esclusi) della spesa militare annua italiana; ma cercheremo di aprire degli spazi, anche istituzionali, per cominciare a organizzare questo tipo di difesa».
«Il confronto deve avvenire sul piano politico, cercando di ottenere con i parlamentari e i partiti una discussione seria sull’idea e sui concetti di difesa e di sicurezza, su quali siano gli strumenti efficaci e da mettere in campo. Non sono nulla 9 milioni di euro di fronte ai 25 miliardi (F35 esclusi) della spesa militare annua italiana; ma cercheremo di aprire degli spazi, anche istituzionali, per cominciare a organizzare questo tipo di difesa».