Via libera a un contingente di 500 giovani, dei quali 300 entro l’anno.
Grazie ai Corpi civili di pace, 500 giovani in due anni (300 dei quali entro il 2015) dovrebbero partire per aree di conflitto, a rischio di conflitto o in emergenza ambientale, dove svolgeranno azioni di pace non governative. Il progetto – già attivo in forme analoghe in altri Paesi, come Germania, Albania, Stati Uniti e Argentina – è rivolto a giovani tra i 18 e i 28 anni e per realizzarlo si prevede una spesa di 9 milioni di euro.
I Corpi civili di pace sono stati istituiti dalla legge di Stabilità del 2013, ma solo il 20 maggio scorso è stato pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” il decreto interministe- riale che disciplina l’organizzazione del contingente fino alla fine del 2016, quando si chiuderà la fase sperimentale. Un decreto fortemente atteso dalle realtà che si sono impegnate per l’istituzione dei Corpi (Rete Disarmo, Rete della Pace, Tavolo interventi civili di pace e molte altre) e che permette di passare alla fase operativa.
Entro fine luglio dovrebbero essere messe a punto le direttive per la presentazione dei progetti per questo biennio e i criteri per la selezione e la valutazione. Si tratta, di fatto, di progetti di servizio civile: i giovani saranno selezionati secondo le norme in vigore per il servizio civile nazio- nale e i progetti potranno essere presentati dagli enti accreditati presso il relativo Dipartimento, purché abbiano esperienza di almeno tre anni nei Paesi e nelle aree di intervento dei progetti. E potranno essere realizzati solo da giovani volontari: niente professionisti, contrariamente a quanto auspicato da alcuni enti.
Il decreto prevede sei possibili campi d’azione: sostegno ai processi di democratizzazione, di mediazione e di riconciliazione; sostegno alle capacità operative e tecniche della società civile locale; monitoraggio del rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario; attività umanitarie; educazione alla pace; sostegno alla popolazione civile nella prevenzione e gestione dei conflitti. L’idea,insomma, è che i volontari dei corpi di pace affiancheranno la società civile locale nell’impegno per il superamento dei conflitti.
Per questo, «prima dell’impiego all’estero, i giovani volontari sono tenuti a partecipare ad attività di sensibilizzazione in materia di sicurezza organizzate dal Maeci» e «i giovani volontari partecipano a riunioni di sicurezza organizzate nella zona di intervento» su “disposizione” delle autorità italiane competenti. Prima della partenza dei giovani, il Maeci si assume l’impegno di verificare che esistano «adeguate condizioni di sicurezza», anche se «la tutela della sicurezza dei giovani volontari è affidata all’ente o all’organizzazione responsabile del progetto presso il quale essi prestano servizio». I giovani che “sgarrano” rispetto al- le disposizioni per la sicurezza, sono esclusi dal contingente. Inoltre, il ministero si riserva di valutare «il comportamento dei giovani volontari e degli enti o delle organizzazioni… ai fini dell’eventuale imputazione delle spese sostenute dall’amministrazione per il rimpatrio o altre azioni di soccorso».
Trattandosi di una sperimentazione, è evidente che il monitoraggio e la valutazione dell’esperienza sono fondamentali per ricavarne indicazioni per il futuro. Il Dipartimento costituirà un Comitato di monitoraggio e valutazione di cui fanno parte, oltre al capo del Dipartimento, al direttore dell’Ufficio per il servizio civile del Dipartimento e a un rappresentante designato dal Maeci, due rappresentanti della Consulta nazionale del servizio civile e quattro personalità scelte nel mondo accademico e della società civile.
Articolo di Paola Springhetti