Presentata oggi a Roma la campagna per sostenere una “difesa civile non armata e nonviolenta”. Il testo prevede l’istituzione di un Dipartimento ad hoc sostenuto da un fondo di 100 milioni. Valpiana:”Vogliamo riappropriarci dell’idea di difesa, in Italia delegata alla struttura militare” – da Redattore Sociale
Riconoscere a livello istituzionale una forma di difesa alternativa a quella militare denominata “Difesa civile non armata e nonviolenta”. È questa la sfida lanciata da sei reti di associazioni nazionali (Rete della pace, Rete italiana per il disarmo, Sbilanciamoci!, Tavolo degli interventi civili di Pace, Cnesc e Forum nazionale per il servizio civile) questa mattina a Roma, nella sede del Centro servizi per il volontariato del Lazio (Cesv) con la presentazione della campagna “Un’altra difesa è possibile”. Obiettivo dell’iniziativa quello di raccogliere, entro la fine di maggio, le 50 mila firme necessarie per sostenere una legge di iniziativa popolare per la difesa civile, non armata e nonviolenta. “Contiamo di averne il doppio per la scadenza del 23 maggio – spiega Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento e coordinatore della campagna -, per poi consegnare i moduli e annunciare la conclusione di questa prima fase della campagna il 2 giugno del 2015, il giorno della festa della Repubblica disarmata”.
La proposta di legge, spiegano i promotori della campagna, prevede l’istituzione di un Dipartimento che comprenda i Corpi civili di pace e l’Istituto di ricerche sulla Pace e il disarmo e che abbia forme di collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, quello dei Vigili del fuoco, col Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale. Tuttavia, spiega Valpiana, la proposta di legge è solo uno degli strumenti della campagna che nei prossimi sei mesi arriverà in tutta Italia. “La campagna ha ambizioni più ampie della semplice raccolta firme e avvio dell’iter parlamentare – spiega Valpiana -. Gli obiettivi sono tre: uno politico, per aprire una seria discussione sul concetto di difesa per riappropriarci di un’idea fondamentale nella storia della non violenza e che in Italia è stata delegata esclusivamente alla struttura militare”. L’obiettivo “giuridico”, spiega Valpiana, è quello di portare in Parlamento la legge di iniziativa popolare. Poi c’è un “obiettivo culturale” che per Valpiana per la priva molta vede insieme sei reti di associazioni su una campagna comune, dal mondo del disarmo a quello della non violenza, dal pacifismo al volontariato e al servizio civile.
Al nuovo Dipartimento, spiega il testo della proposta di legge, il compito di “difendere la Costituzione, affermando i diritti civili e sociali in essa enunciati”, ma anche quello di proporre piani per la difesa civile non armata e nonviolenta e coordinare la loro attuazione, svolgere attività di ricerca per la pace e il disarmo, favorire la prevenzione dei conflitti armati e contrastare le situazioni di degrado sociale, culturale ed ambientale. Tutto questo senza costi aggiuntivi per le casse dello stato. “Con l’istituzione del Dipartimento non si spende un euro in più – precisa Valpiana -, ma chiediamo uno spostamento di risorse dalla difesa armata a quella civile e poi saranno i cittadini, con l’opzione del 6 per mille a poter scegliere nella dichiarazione dei redditi per sostenere le iniziative concrete del Dipartimento”. Per il funzionamento della nuova struttura, infatti, il testo della proposta prevede l’istituzione di un “fondo nazionale per la Difesa civile non armata e nonviolenta” con una dotazione annua iniziale pari a 100 milioni di euro per l’anno 2015, “di cui non oltre il 10 per cento per le spese di funzionamento”. Un fondo che potrebbe partire inizialmente risparmiando sull’acquisto di nuovi sistemi d’arma e che per gli anni successivi possa essere alimentato dagli stessi cittadini che decideranno di destinare il sei per mille dell’Irpef a sostegno dell’iniziativa.
Per Francesco Vignarca, coordinatore della Rete disarmo, quella avanzata oggi dalle sei reti di associazioni si tratta di una proposta “concreta” che mira a lasciare il segno a livello istituzionale. “Sappiamo che una proposta di questo tipo può essere complicata da capire, difficile o farraginosa – ha spiegato Vignarca -. Non ci vuole nulla a fare una petizione online e raggiungere 100 mila firme, mentre la dimensione istituzionale è fondamentale se vogliamo costruire qualcosa di concreto così come è stato in passato per l’obiezione di coscienza e del servizio civile”. Per Franco Uda (Arci), la proposta di legge è un’occasione per riaprire un dibattito all’interno del mondo delle associazioni. “Siamo stufi di fare le anime belle della società – ha affermato Uda -. Oggi non ci basta solo la consapevolezza che un altro mondo è possibile ma dobbiamo anche declinarlo. L’idea che un’altra difesa è possibile è uno dei modi un cui decliniamo quest’altro mondo”.