Una riflessione di Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento
C’è un aspetto positivo, forse l’unico, nel dibattito sulla legittima difesa (al di là della pessima legge approvata alla Camera, che spero possa essere vanificata dal Senato nella sua funzione di controllo): se ne discute pubblicamente e si cerca una soluzione legislativa. In qualche modo, seppur maldestramente, si riconosce che l’uso della forza debba essere normato dallo Stato e non possa essere lasciato al libero arbitrio del singolo.
Tralascio in questo articolo tutti i dati e le evidenze che dimostrano senza ombra di dubbio che il dibattito sulla legittima difesa (il ladro che entra in casa di notte per rubare e ammazzare) ha poca attinenza con la realtà dei fatti (furti e omicidi in diminuzione, esiguità degli episodi di cronaca rispetto, ad esempio, al femminicidio o alla diffusione delle violenze sui minori, etc.), ed è una forzatura tutta politica ed ideologica. Tuttavia, il tema “difesa”, personale e collettiva, è importante e va affrontato seriamente.
La “difesa” è un punto decisivo nella pratica della nonviolenza attiva. Difesa della vita, difesa dei diritti, difesa della libertà, difesa dei più deboli, difesa dell’ambiente. La nonviolenza, dunque, non è affatto in antitesi con la difesa. Anzi, la storia della nonviolenza moderna è storia di movimenti di difesa. Gandhi difendeva l’indipendenza del suo paese; Martin Luther King difendeva i diritti dei neri d’America; Nelson Mandela difendeva la libertà del suo popolo; oggi tanti movimenti nonviolenti nel mondo agiscono in difesa della pace e per salvare la vita a chi fugge dalle guerre.
È lecito chiedersi cosa sia giusto difendere, e con quali mezzi. L’oggetto da difendere deve rappresentare un valore compatibile con gli strumenti utilizzati dal soggetto difensivo. Nelle regole della nonviolenza è fondamentale la correlazione tra il metodo scelto e la difesa del bene da tutelare. La difesa personale e collettiva è al centro della Campagna non violenta “Un’altra difesa è possibile” con la proposta legislativa per il riconoscimento della “Difesa civile non armata e non violenta” che si propone di introdurre nelle nostre istituzioni uno strumento di difesa che agisca mettendo in campo capacità di prevenzione, di mediazione e di risoluzione dei conflitti.
Il riconoscimento della difesa civile non armata e non violenta è già stato fatto proprio dal nostro ordinamento (due sentenze della Corte costituzionale, la n. 164/1985 e 470/1989, la legge del 230 del 1998 di riforma dell’obiezione di coscienza e la legge 64 del 2001 istitutiva del servizio civile nazionale); con il progetto di legge n. 3484, già incardinata nei lavori della Commissione Difesa della Camera dei deputati, la politica avrà uno strumento in più a disposizione. Il Dipartimento della difesa civile non armata e non violenta coordinerà le politiche di difesa alternativa e comprenderà il Servizio civile, la Protezione civile, i Corpi civili di pace e l’Istituto di ricerche sulla Pace e il Disarmo.
C’è una curiosa coincidenza, un casualità numerica, che potrebbe assumere un significato ideale. L’articolo della Costituzione riferito alla difesa della Patria è il 52: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino“. Anche l’articolo del Codice penale dedicato alla legittima difesa è il 52: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa“.
L’articolo numero 52, costituzionale e penale, lega la Difesa della patria e la difesa di un diritto soggettivo, richiamando la responsabilità del cittadino nella scelta del mezzo.
Come amici della nonviolenza non solo non ci sottraiamo al dovere di rispettare entrambi gli articoli 52, ma diciamo che è il metodo nonviolento il solo in grado di poterli attuare alla luce di quel comandamento laico e religioso che tutti riconoscono come fondamento del vivere civile: tu non uccidere. Vale a dire: l’uso delle armi resta prerogativa della sovranità dello Stato, ma il cittadino ha il diritto/dovere di ricorrere alla forza per attuare forme di difesa. E noi sappiamo ben distinguere tra uso della violenza (armata) e uso della forza (civile). La nonviolenza è una forma originale ed efficace di forza.
Qualche precedente illustre ci aiuta a capire meglio.
Già 800 anni fa, il santo della nonviolenza, Francesco d’Assisi, si pose il problema della legittima difesa della proprietà privata, intuendo perfettamente cause e soluzioni del problema, e dando ai propri seguaci la Regola di non portare mai armi.
Rispose il Santo: “Messere, se avessimo dei beni, dovremmo disporre anche di armi per difenderci. È dalla ricchezza che provengono questioni e liti, e così viene impedito in molte maniere tanto l’amore di Dio quanto l’amore del prossimo. Per questo non vogliamo possedere alcun bene materiale a questo mondo” (Fonti francescane – La Leggenda dei Tre Compagni).
Una soluzione radicale, certo, ma che può valere come indicazione di metodo: non accumulare e non ostentare ricchezze, serve anche ad evitare di doversi armare per difenderle. Ma la stesso ragionamento può valere nel campo della guerra. Scrisse don Lorenzo Milani nella famosa lettera “L’obbedienza non è più una virtù”:
È noto che l’unica difesa possibile in una guerra atomica sarà di sparare circa 20 minuti prima dell’aggressore. Ma in lingua italiana lo sparare prima si chiama aggressione e non difesa. Oppure immaginiamo uno stato onestissimo che per sua difesa spari 20 minuti dopo (cioè che sparino i suoi sommergibili unici superstiti d’un paese ormai cancellato dalla geografia). Ma in lingua italiana questo si chiama vendetta e non difesa.
Chi usa le armi per primo, aggredisce; chi usa le armi dopo, si vendica. È rarissimo il caso di chi sa sparare solo per difendersi e disarmare l’avversario: riesce a farlo chi è professionalmente addestrato, militare o poliziotto, non certo un cittadino inerme aggredito.
Noi cittadini facciamo meglio a prepararci alla prevenzione. Lo Stato ci aiuti predisponendo forme di controllo efficace del territorio, mettendo le forze dell’ordine e della giustizia in grado di agire efficacemente per garantire sicurezza. La pessima legge approvata dalla Camera va cestinata.
L’alternativa c’è e si chiama “legittima difesa civile”, che nasce dal combinato disposto degli articoli 52 già in vigore. La numerologia della difesa, da giocare al Lotto!